Convegno del 18 settembre 2015 |
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Atti del convegno SISTE/CEC a EXPO Sindromi
metaboliche |
18 settembre 2015 |
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Manca poco più di un mese alla chiusura di “Expo Milano 2015, l’evento mondiale
sul tema “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita” e sta anche per concludersi il
ciclo di convegni dedicati a “Alimentazione, salute e benessere” organizzati da SISTE
in collaborazione con CEC editore. Il 18 settembre u.s. si è infatti tenuto il quarto
appuntamento dedicato a “Sindromi metaboliche”, che ha visto ancora una volta avvicendarsi
sul palco dei relatori medici, rappresentanti del mondo accademico e dell’industria. |
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L’evento è stato aperto da Michele Carruba, professore ordinario di Farmacologia
presso la Facoltà
di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Milano, e direttore del Centro per lo
studio e la ricerca sull’obesità presso lo stesso ateneo. L’obesità è considerata dalla popolazione
generale per lo più un problema estetico, non una malattia, alla quale sono però associate altre
importanti patologie, quali il diabete di tipo 2 o insulino-indipendente, di cui sono affetti in
Italia l’80% dei pazienti diabetici. La maggior parte di questi soggetti sono infatti anche in
sovrappeso o obesi. Per curare il diabete, è opportuno quindi intervenire anche sull’obesità,
che sta diventando un problema crescente nell’infanzia (l’Italia è il primo paese in Europa
per il maggior numero di bambini obesi). Sovrappeso e obesità aumentano il rischio di malattie
cardiovascolari e di mortalità-morbilità.
L’indice di massa corporea (IMC) è da sempre utilizzato per stabilire in quale categoria di peso (sottopeso,
normopeso, sovrappeso o obesità) un soggetto ricade in base al rapporto tra peso, espresso in kg, e il
quadrato dell'altezza, espressa in metri. L’IMC, che era stato scelto dalle compagnie di assicurazione
americane per stabilire l’aspettativa di vita dei propri clienti, oggi non è più considerato un parametro
sufficiente a diagnosticare l’obesità; è importante considerare anche la distribuzione del grasso corporeo.
Una serie di studi ha mostrato che l’adiposità addominale, la cui valutazione avviene attraverso la
misurazione della circonferenza addominale, è un indicatore dell’aumentato rischio cardiovascolare.
Le cellule adipose viscerali secernono infatti tutta una serie di sostanze implicate in processi di
tipo infiammatorio, nell’aterosclerosi, nell’ipertensione e nel diabete di tipo II. In uno studio di
coorte condotto negli Stati Uniti è stato dimostrata la associazione tra sovrappeso e obesità e
aumento del rischio per alcune forme tumorali sia nell’uomo (cancro allo stomaco ed alla prostata)
che nella donna (cancro al seno, all’utero, alle cervice e alle ovaie). In uno studio condotto su
un modello di topo obeso, è stato dimostrato che l’aumentato rilascio di TNF da parte degli adipociti
viscerali porta ad una ridotta espressione di eNOS, enzima deputato alla sintesi di NO, con conseguente
riduzione della biogenesi e della funzione mitocondriale nel tessuto adiposo e nel muscolo.
I risultati di questo studio hanno portato ad una nuova scoperta rivelando che nella patogenesi
dell’obesità è coinvolta anche la ridotta espressione di eNOS. Studi successivi hanno dimostrato
come la ridotta assunzione di calorie e un’intensa attività fisica siano in grado di promuovere
la biogenesi mitocondriale attraverso l’aumentata espressione di eNOS.
Globesità: una questione minimizzata |
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Altra problematica in crescita negli ultimi anni è la sindrome metabolica. Non si tratta,
come chiarito da Francesco Visioli, professore associato presso il Dipartimento di Medicina
Molecolare dell’Università di Padova, di una specifica condizione
patologica, ma della
coesistenza di almeno tre dei seguenti fattori di rischio: obesità centrale, livelli
elevati di trigliceridi nel sangue, bassi livelli di colesterolo HDL (il cosiddetto
colesterolo “buono”), pressione alta o elevata glicemia a digiuno, condizioni che,
come le evidenze scientifiche sottolineano ormai da anni, possono portare allo sviluppo
di eventi patologici importanti quali le malattie cardiovascolari, il diabete di tipo 2,
malattie infiammatorie ed alcune forme tumorali. Filo conduttore che unisce i cinque
fattori di rischio sono gli elevati livelli di “proteina C reattiva” in circolo, sostanza
rilasciata dalle cellule epatiche e dagli adipociti, che è indice di un processo
infiammatorio in corso nell’organismo. Questo suggerisce che per trattare la sindrome
metabolica, è necessario intervenire anche sull’infiammazione. Dal punto di vista
terapeutico, sulla sindrome metabolica si può intervenire a vari livelli: con farmaci
anti-obesità (inibitori dell’appetito, modulatori dell’assorbimento lipidico, etc.),
con farmaci anti-dislipidemie (niacina, fibrati, statine) e con farmaci antidiabetici
(secretagoghi insulinici, insulino-sensibilizzanti). E’ importante tuttavia anche la
prevenzione. A questo proposito, Visioli ha illustrato i risultati di uno studio
clinico, della durata di 2 anni, condotto su 180 soggetti con sindrome metabolica,
in cui è stato dimostrato come la dieta mediterranea, che si basa sull’assunzione
di cereali, frutta e verdura in quantità elevate, frutta a guscio e olio di oliva,
sia più efficace, rispetto alla dieta controllo, nel ridurre i livelli di
infiammazione e altri fattori di rischio associati a questa condizione. Diverse
sono le evidenze scientifiche a sostegno dell’efficacia come antinfiammatori di
altre sostanze o rimedi naturali, quali gli acidi grassi omega-3 (EPA e DHA), la
curcumina e l’idrossitirosolo. Per quest’ultimo, tuttavia, le uniche prove esistenti
sono state condotte in vitro. Pertanto, prima di esprimere un giudizio finale
sugli effetti antinfiammatori dell’idrossitirosolo, tali dati dovranno essere
confermati da studi in vivo.
Nutraceutici come trattamenti di supporto nella sindrome metabolica
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Numerosi sono gli studi in atto per valutare gli effetti benefici delle piante nella prevenzione
o come supporto alla terapia convenzionale della sindrome metabolica, dell’obesità e del diabete.
Una delle aziende leader in Italia nella ricerca e sviluppo di principi attivi
vegetali che
trovano impiego in diversi settori, dall’industria farmaceutica, a quella alimentare, fino
alla cosmesi, è Indena. Presso questa azienda sono stati sviluppati diversi estratti di piante
con un potenziale effetto benefico nella modulazione dei rischi nei disordini metabolici.
Delle attività di ricerca in atto in tale ambito presso Indena, è stato invitato a parlare
il direttore scientifico, Paolo Morazzoni. Le strategie sviluppate da questa azienda in campo
scientifico riguardano lo sviluppo di prodotti da piante commestibili endemiche del mediterraneo,
la caratterizzazione e standardizzazione degli estratti, ottenuti a partire da materie prime di
qualità farmaceutica (GACP) e applicando le buone pratiche di lavorazione (GMP), e l’azione
combinata su più bersagli. Per valutare l’efficacia di questi estratti in studi in vitro e
in vivo, Indena cerca inoltre di seguire le linee guida stese da EFSA (Autorità europea
per la sicurezza alimentare) sui requisiti scientifici necessari per supportare i claims
sulla salute cardiovascolare (EFSA Journal 2011;9(12):2474) e sul controllo del peso e
della glicemia (EFSA Journal 2012;10(3):2604). Morazzoni ha portato l’esempio di 4
estratti di piante (fagiolo, carciofo, vite e curcuma) che sono allo studio per i loro
potenziali effetti benefici nei disordini metabolici. Studi preclinici condotti nel
ratto hanno dimostrato la capacità di un estratto di fagiolo (Phaseolus vulgaris L.),
standardizzato in fitoemoagglutinine e faseolamina, una proteina con attività di
inibizione dell’enzima -amilasi, nel ridurre la glicemia post-prandiale e nell’aumentare
il senso di sazietà, riducendo quindi la volontà di assumere cibo. Tali effetti
benefici sono stati comprovati, sebbene dovranno essere confermati da trial clinici
più ampi, dai risultati di uno studio clinico in doppio cieco con il controllo del
placebo, in cui l’estratto di fagiolo è stato dato a 20 soggetti sani nell’ambito
di una dieta equilibrata. Un altro prodotto allo studio per il suo potenziale ruolo
benefico nelle dislipidemie è un estratto di carciofo (Cynara cardunculus L. subsp.
scolymus (L.) Hegi) contenente, rispetto al altri prodotti simili presenti sul
mercato, un più alto contenuto in acidi
caffeilchinici, flavonoidi e cinaropicrina. Due trials clinici controllati e randomizzati hanno dimostrato che
l’assunzione di 200-250 mg di questo estratto 2 volte/die per 2 mesi da parte di soggetti con lieve
ipercolesterolemia porta ad una significativa riduzione del livelli di colesterolo totale e LDL e ad un
incremento altrettanto significativo dei livelli plasmatici di colesterolo HDL. Un estratto di vite
(Vitis vinifera L.), standardizzato in proantocianidine (95%) e catechina/epicatechina (5-15%),
assunto alla dose di 300 mg/die da 119 soggetti con diagnosi di pre-ipertesione o ipertensione lieve,
per 4 mesi, ha portato alla normalizzazione dei valori pressori nel 93% dei casi. Altra pianta nota per
i suoi effetti benefici sulla salute è la curcuma (Curcuma longa L.) da cui si estrae la curcumina,
sostanza che molti studi in vitro hanno dimostrato possedere effetti antinfiammatori, ma che in vivo
è poco biodisponibile. Per migliorarne l’assorbimento a livello intestinale, Indena ha ideato un
complesso molecolare, chiamato fitosoma, in cui la curcumina è legata a fosfolipidi. I risultati di
uno studio clinico randomizzato e controllato hanno realmente mostrato la maggior biodisponibilità
di questo complesso rispetto alla curcumina somministrata come tale. Studi su animali sono ora in
corso per valutare gli effetti antinfiammatori di questa molecola nella steatosi epatica.
Esempi di estratti standardizzati attivi da piante commestibili sulla modulazione dei rischi nei disordini metabolici |
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Maria Daglia, professore associato presso il Dipartimento di Scienze del Farmaco dell’Università di Pavia,
nel suo intervento, ha invece mostrato quali sono i rimedi naturali per i quali esistono forti evidenze
scientifiche che supportano il loro ruolo benefico nella prevenzione o come sostegno alla terapia
convenzionale del diabete di tipo II. Per ottenere questi effetti possiamo sia attingere a ingredienti
naturalmente presenti in alimenti parte della dieta mediterranea (es. cereali) sia dalle piante
attraverso l’integrazione alimentare. La Commissione europea, sentito il parere positivo dell’EFSA,
con il Regolamento (UE) 432/2012 (Regolamento (UE) n. 432/2012 della Commissione del 16 maggio 2012
relativo alla compilazione di un elenco di indicazioni sulla salute consentite sui prodotti alimentari,
diverse da quelle facenti riferimento alla riduzione dei rischi di malattia e allo sviluppo e alla
salute dei bambini (GU europea L 136 del 25.5.2012) ha autorizzato l’uso di indicazioni sulla salute
riguardanti una serie di sostanze naturalmente presenti negli alimenti che evidenze scientifiche
hanno dimostrato possedere un ruolo benefico nel controllo della glicemia. Tra queste: l’amido
resistente in sostituzione di amidi digeribili in un pasto, l’arabinoxilano prodotto dall’endosperma
del frumento, i beta-glucani da orzo e avena e le pectine. Queste sostanze, se assunte all’interno
di un pasto in quantitativi ritenuti sufficienti a raggiungere l’effetto desiderato, contribuiscono
a ridurre l’aumento di glucosio ematico post-prandiale. Numerose sono anche le piante contenenti
sostanze attive quali peptidoglicani, terpenoidi, glicopeptidi, gomma da galattomannani, etc.,
che, agendo su più livelli, potrebbero svolgere un ruolo nella prevenzione del diabete o nel
tenere sotto controllo i livelli plasmatici di glucosio in pazienti diabetici (schema di seguito
riportato).
Più di 70 sono i preparati vegetali ai quali, secondo le linee guida ministeriali,
in attesa della definizione dei claims sui “botanicals” a livello comunitario, è
possibile attribuire come effetto fisiologico benefico la modulazione del metabolismo
dei carboidrati. Tra questi, un estratto di ginseng americano (Panax quinquefolius L.)
che in uno studio condotto su un modello di topo diabetico si è mostrato in grado,
rispetto al placebo, di ridurre in modo più significativo i livelli plasmatici di
glucosio attraverso l’aumentata secrezione di insulina e l’incremento della sintesi
di glicogeno. Anche per i curcuminoidi della curcuma (Curcuma longa L.), somministrati
alla dose di 300 mg/die a 100 pazienti con diabete di tipo 2 e in sovrappeso, per un
periodo di 3 mesi, si è evidenziato un effetto di riduzione della glicemia e una
migliorata resistenza all’insulina attraverso la diminuzione dei livelli ematici
di acidi grassi liberi. In uno studio pilota condotto su pazienti prediabetici e
con sindrome metabolica si è dimostrato che l’assunzione di 2 prodotti a base di
aloe (Aloe vera L.), per 8 settimane, ha portato ad una significativa riduzione
dei livelli plasmatici di glucosio, di colesterolo totale e LDL. Effetti
ipoglicemizzanti sono stati inoltre osservati per estratti di melone
(Mormodica charantia L.), di cannella (Cinnamomum zeylanicum Blume.) e per
prodotti a base delle alghe brune, Ascophyllum nodosum De Jolis e
Fucus
vesiculosus L.
Botanicals e integratori alimentari per il mantenimento dei livelli di glucosio basali |
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L’evento è stato chiuso da Gianfranco Liguri, professore ordinario presso il Dipartimento di Scienze
Biochimiche dell’Università di Firenze, che ha illustrato le recenti acquisizioni
dalla ricerca biochimica
e clinica sull’origine istopatologica del diabete di tipo 2, che è considerato, alla stregua del morbo di
Alzheimer e di Parkinson, una patologia “amiloide”. Tale definizione è associata al fatto che tali malattie
hanno in comune delle proteine (nel caso del diabete di tipo II sono le “amiline”) che aggregandosi provocano
la morte delle cellule beta pancreatiche, riducendone così la capacità di secernere insulina con conseguente
aumentata concentrazione ematica di glucosio. L’insulino-resistenza caratteristica del diabete di tipo II
sembrerebbe pertanto associata anche all’aumentato rilascio di amiline da parte del pancreas. Tali proteine
potrebbero quindi essere un nuovo bersaglio molecolare di nuovi rimedi per il trattamento del diabete di
tipo 2. Anche lo stress ossidativo, condizione conseguente allo squilibrio venutosi a creare tra la
produzione di radicali liberi e le difese antiossidanti a favore dei primo, è coinvolto nella
patogenesi e nel decorso del diabete di tipo 2. Numerose sono le piante (es.
Alium sativum L.,
Camellia sinensis (L.) Kuntze, Ficus carica L., Lycium barbarum L., etc.) che in studi in vitro
e in vivo su modelli animali e sull’uomo hanno mostrato di possedere un ruolo benefico nel
trattamento del diabete mellito di tipo 2 attraverso la loro attività antiossidante. Studi
recenti hanno dimostrato che l’oleuropeina e l’idrossitirosolo, polifenoli presenti in grande
quantità nelle foglie di Olea europaea L., sono in grado di migliorare la sensibilità all’insulina
in pazienti a rischio di sviluppare diabete di tipo II e di ridurre i livelli plasmatici di glucosio
sia in ratti che in pazienti diabetici. In un recente studio clinico condotto presso l’Università
“La Sapienza” di Roma su un gruppo di soggetti sani, si è registrato un significativo miglioramento
del profilo glicemico e lipidico per aggiunta di 10 g/die di olio extra-vergine di oliva ad un
tipico pranzo mediterraneo.
Ruolo degli integratori nutrizionali nel trattamento del diabete mellito e dei dismetabolismi correlati: recenti acquisizioni dalla ricerca biochimica e clinica" |
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Dagli interventi dell’incontro, in generale, è emerso che diabete di tipo 2, sindrome metabolica e
obesità, devono essere trattate con un opportuna terapia farmacologica,
ma che sono numerosi i
rimedi naturali allo studio che hanno dimostrato di possedere effetti benefici nel controllo
del metabolismo glucidico e lipidico utilizzabili sia in associazione ai farmaci convenzionali
che nella prevenzione. La discussione finale si è focalizzata soprattutto sul problema di come
i risultati di questi studi possano essere sfruttati per riuscire ad ottenere un’indicazione
sulla salute autorizzata ai sensi del Reg. (CE) 1924/2006.
Anche i temi affrontati in questo quarto appuntamento sono stati molto apprezzati dal pubblico. Riteniamo pertanto
fondamentale portare avanti il discorso sulla correlazione tra alimentazione, salute e benessere, iniziato
ad EXPO, anche dopo il termine della manifestazione con eventi dedicati, nei quali sia lasciato ampio spazio
all’approfondimento sul ruolo che piante e sostanze naturali possono avere per la salute.
Ricordiamo che il prossimo 16 ottobre, si terrà l’ultimo degli incontri previsti nell’ambito di questo ciclo
di convegni, dedicato a: “Prebiotici, Probiotici e Immunità”. |
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