Convegno del 16 ottobre 2015 |
|
Atti del convegno SISTE/CEC a EXPO Prebiotici, Probiotici e Immunità |
16 ottobre 2015 |
|
|
Il 16 ottobre scorso si è tenuto a
Cascina Triulza l’ultimo degli appuntamenti del ciclo “Alimentazione, salute e benessere” organizzati da
SISTE in collaborazione con CEC editore ad EXPO 2015. Tema del convegno “Prebiotici, Probiotici e Immunità”.
Come nei quattro precedenti appuntamenti si sono avvicendati al tavolo dei relatori rappresentanti del mondo
accademico e dell’industria.
Ad aprire il convegno Annamaria Castellazzi, Dipartimento di Scienze Clinico-chirurgiche, Diagnostiche e pediatriche
dell’Università degli Studi di Pavia, che ha fatto un’estesa panoramica su microbiota intestinale e sistema immunitario.
Il microbiota intestinale, termine che nel tempo ha sostituito quello più comune di microflora intestinale,
è costituito da circa 1014 batteri (500-1.000 specie diverse), mentre il microbioma, ossia l’insieme dei
geni del microbiota, è oltre 150 volte quello umano. Questo ecosistema, complesso e dinamico (il microbiota
cerca di mantenere una composizione costante pur in presenza di condizioni ambientali e dietetiche variabili),
svolge numerose funzioni importanti per il benessere del nostro organismo:
- lo protegge dall’aggressione dei germi patogeni;
- contribuisce allo sviluppo del sistema immunitario innato ed adattativo e al
mantenimento della tolleranza immunitaria;
- regola la produzione di vitamine, in particolare B e K;
- produce, per fermentazione, acidi grassi a corta catena (acido acetico,
butirrico e propionico) che fungono sia da nutrienti per i microrganismi che
come segnali di stimolo per il sistema immunitario.
Alla nascita, il sistema immunitario del neonato sano è “naïve”; è solo durante la vita post-natale che
l’esposizione agli antigeni promuove lo sviluppo e l’espansione di questo sistema. Nell’arco della nostra vita,
la composizione del microbiota intestinale può essere influenzata da diversi fattori: il tipo di parto, naturale
o cesareo, il tipo di alimentazione, al seno o artificiale, le terapie farmacologiche, etc. I neonati allattati
al seno, ad esempio, hanno rispetto a quelli allattati artificialmente un microbiota più ricco in bifidobatteri,
specie batteriche benefiche per il nostro organismo, in quanto il latte materno contiene oligosaccaridi ad azione
prebiotica, ossia sostanze non digeribili in grado di stimolare in modo selettivo la crescita e l’attivazione di
questi microrganismi con effetti di riequilibrio sulla microflora intestinale. Dallo svezzamento, momento in cui
nella vita del bambino inizia l’introduzione di cibi solidi, la composizione del microbiota si arricchisce di
nuove specie microbiche assumendo sempre di più l’aspetto che avrà nella vita adulta.
La colonizzazione precoce dell’intestino è importante anche per lo sviluppo ed il mantenimento della tolleranza
immunologica, ossia quel particolare meccanismo, in cui è coinvolto il GALT, ossia il tessuto linfoide associato
all’intestino, che consente all’organismo di riconoscere come sostanze estranee inoffensive proteine antigeniche,
prevenendo così lo sviluppo di patologie allergiche o di tipo autoimmune. Alcuni studi hanno dimostrato che il
microbiota dei bambini atopici, ossia a rischio di sviluppare un’allergia IgE-mediata, contiene meno bifidobatteri
e Staphylococcus aureus in maggior concentrazione. Una presenza nutrita di Escherichia coli e
Clostridium difficile
nell’intestino sono invece associati ad eczema e dermatite atopica, mentre un rapporto sbilanciato tra i generi
Firmicutes e Bacteroides (da 3:1 a 35:1) sono tipici dei soggetti obesi.
Una benefica composizione del microbiota intestinale serve inoltre a mantenere il corretto bilancio tra la risposta
immunitaria dei linfociti Th1, che, grazie al coinvolgimento di IFN-γ e IL-12, svolge una funzione difensiva nei
confronti di virus e batteri, e quella dei linfociti Th2 tipica delle malattie allergiche. In che modo possiamo
garantire, modulare e influenzare positivamente l’equilibrio della microflora intestinale? La soluzione, sostiene
Castellazzi, potrebbe essere introdurre nella nostra dieta probiotici e prebiotici.
Il microbiota intestinale e il sistema immunitario
Ad affrontare il tema probiotici più approfonditamente, Lorenzo Morelli, Preside della Facoltà di Scienze agrarie,
alimentari e ambientali dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza. Da sempre la sua attività di ricerca,
sostenuta da numerosi progetti finanziati dalla Commissione europea, è rivolta allo studio dei vari aspetti, sia di
base che applicativi, che interessano l’utilizzo a fini probiotici dei lattobacilli.
Alla domanda iniziale se i probiotici siano davvero in grado di stimolare il sistema immunitario, Morelli ha risposto
affermativamente, mostrando una serie di dati che confermano tale ipotesi. Molte sono le evidenze scientifiche, infatti,
che evidenziano un titolo anticorpale maggiore quando individui sani sottoposti a vaccinazione assumono per un certo
periodo di tempo (pre e post vaccino) un alimento (es. yogurt) a base di microrganismi probiotici. L’efficacia dipende
tuttavia dal ceppo assunto: il Lactobacillus casei NCC NCC 2461 and L. paracasei DN-114 001 hanno mostrato un effetto
adiuvante in combinazione con il vaccino antinfluenzale nell’anziano, mentre il L. rhamnosus ATCC53103 e il
L.
fermentum CECT5716 si sono mostrati più efficaci nella popolazione adulta. In 16 volontari sani, che hanno assunto
per 3 settimane uno yogurt contenente 107-108 UFC/ml di L. johnsonii CNCM I-1225, è stata determinata una concentrazione
di IgAs maggiore in risposta al vaccino contro Salmonella typhimurium. I ceppi Bifidobacterium longum BL999 e
L. rhamnosus LPR si sono invece dimostrati efficaci nel migliorare la risposta immunitaria nei bambini nei
confronti del vaccino dell’epatite B. A dimostrazione che l’effetto adiuvante dei probiotici sulla risposta
anticorpale ai vaccini dipende molto dal ceppo utilizzato, Morelli ha presentato i risultati di alcuni studi
in cui non si sono osservate differenze significative nella risposta immunitaria al vaccino quando somministrato
da solo o in combinazione con specifici ceppi probiotici. La somministrazione all’età di 6 mesi di una combinazione
di 4 ceppi microbici (L. rhamnosus GG, L. rhamnosus LC705, B. breve Bbi99 e Propionibacterium freudenreichii spp.
shermanii JS) non ha portato ad un miglioramento significativo della risposta anticorpale nel confronti del vaccino
trivalente contro difterite, tetano e Haemophilus influenzae. Anche il ceppo B. breve BBG-01 ha mostrato un blando
effetto adiuvante contro il vaccino anti-colera. Come anticipato da Castellazzi, i microrganismi probiotici sono
coinvolti nell’induzione della tolleranza immunitaria, ma come questo avvenga è ancora tutto da chiarire. Sembra
che siano implicate delle specifiche proteine dello strato superficiale dei batteri, come la proteina SlpA del
Lactobacillus acidophilus NCFM. L’interazione di questa proteina con uno specifico recettore localizzato sulle
cellule dendritiche del sistema immunitario, che si riflette in una maggior produzione da parte dei linfociti T
di IL-4 piuttosto che di IFN-, determina il bilancio Th1/Th2 fenomeno alla base della tolleranza immunitaria
(Konstantinov et al., 2008). A modulare in modo differente la risposta immunitaria è anche il profilo delle
sostanze rilasciate dai microrganismi, che è caratteristico per ciascun ceppo. In uno studio in cui le proprietà
immunologiche di 3 differenti ceppi di lattobacilli (L. plantarum NCIMB8826, L. rhamnosus GG (LGG),
L. paracasei
B21060) sono state confrontate in esperimenti sia in vitro che in vivo con quelle del microrganismo patogeno,
Salmonella typhimurium SL1344, L. plantarum e LGG hanno mostrato un profilo in citochine simile a quello di
Salmonella, con produzione da parte delle cellule dendritiche di citochine infiammatorie come IL-12p70,
TNF- e IL-10.
Il rilascio di queste sostanze da parte di L. paracasei è stato minore a suggerire un effetto immunomodulante contro
quello immunostimolante mostrato dagli altri lattobacilli in studio. Le differenti proprietà immunologiche di questi 3
ceppi sono state confermate in un modello animale di colite, nel quale solo la somministrazione di
L. paracasei ha avuto
effetti protettivi contro l’esacerbazione della malattia osservata con L. plantarum e LGG (Mileti et al., 2009)
Meccanismi della modulazione immunologica dei probiotici
Partendo da questi concetti e dal fatto che il nostro sistema digerente può essere considerato il nostro “secondo cervello”
considerando i più di 500 milioni di neuroni che lo innervano e lo mettono in collegamento con il sistema nervoso centrale,
Luca Mogna della Probiotical, azienda novarese specializzata nella ricerca e sviluppo di fermenti lattici per l’industria
lattiero-casearia, ha portato diversi esempi di come i microrganismi probiotici possono essere utili per il benessere del
nostro organismo. Uno studio in vitro in cui cellule della frazione mononucleata del sangue periferico sono state incubate
con due differenti ceppi probiotici, ha evidenziato risposte immunitarie diverse: il Lactobacillus pentosus (LPS01),
stimolando la secrezione di TNF e IFN, devia la risposta dei linfociti T verso Th1, mentre con il
Lactobacillus
plantarum (LP01) la maggior produzione delle citochine IL-4 e IL-10 sposta l'equilibrio Th1/Th2 verso la predominanza
di Th2.
In uno studio condotto in doppio cieco con il controllo del placebo, una combinazione di L. plantarum LP01 e B. breve BR03,
assunta per circa un mese, è risultata significativamente più efficace di una miscela costituita da
L. plantarum LP01 e L.
acidophilus LA02, nel ridurre il dolore associato alla sindrome del colon irritabile (tutti i ceppi sono stati assunti in
quantità pari a 5 x 109 UFC/die). Anche altri sintomi (costipazione, diarrea, flatulenza, gonfiore, etc.) sono migliorati
maggiormente abbinando a L. plantarum LP01 il B. breve BR03 piuttosto che il L. acidophilus LA02 (Nicola et al., 2010).
Alcuni ceppi probiotici associati a sostanze prebiotiche (FOS, fruttoligosaccaridi; GOS, galattoligosaccaridi), oltre a
ridurre il gonfiore intestinale e a regolarizzare la funzione intestinale, si sono dimostrati efficaci contro le malattie
da raffreddamento, riducendo le infezioni del tratto respiratorio sia numericamente che in termini di severità e durata
degli episodi (Pregliasco et al., 2008).
Oggi la nuova sfida dei probiotici è il miglioramento delle prestazioni sportive, dove si hanno già le prime prove di efficacia.
L’esercizio fisico, infatti, se praticato intensamente può portare ad una diminuzione delle difese immunitarie (in particolare
si assiste ad una riduzione delle cellule NK “natural killer”) aumentando la suscettibilità degli atleti alle infezioni
respiratorie soprattutto durante le sedute intensive di allenamento nei mesi freddi. L’assunzione di un latte fermentato
con uno specifico ceppo di L. casei da parte di atleti si è dimostrata efficace nel contrastare la riduzione dell’attività
immunitaria delle cellule NK, diminuendo pertanto l’incidenza di malattie respiratorie in questi soggetti (Pujol et al., 2000).
Risultati incoraggianti in tal senso sono stati tratti anche da uno studio in doppio cieco con il controllo del placebo
condotto nel 2003 dall’Istituto australiano dello sport (AIS) in cui, durante il programma intensivo di allenamento invernale,
gli atleti trattati per 2 mesi con un particolare ceppo di L. fermentum, hanno avuto rispetto a quelli del gruppo placebo 42
giorni in meno di malattia. Risultati simili sono stati ottenuti in un studio che AIS ha svolto in collaborazione con
l’Università di Newcastle in Inghilterra, in cui in atleti affaticati, diventati più suscettibili a infezioni del tratto
respiratorio superiore spesso dovuti alla riattivazione del virus di Epstein Barr e nei quali si è osservata una ridotta
secrezione di IFN da parte dei linfociti T CD4+, l’assunzione per un mese di uno specifico ceppo di
L. acidophilus ha
portato ad un significativo incremento della concentrazione nella saliva di IFN e IgA (Clancy et al., 2006). Nel 2011,
in uno studio in cui 99 ciclisti professionisti sono stati randomizzati a ricevere, per un periodo di 11 settimane, 109
UFC/die di un particolare ceppo di L. fermentum, si è osservato durante l’allenamento un miglioramento dei disturbi
gastrointestinali e delle infezioni respiratorie, soprattutto nei maschi, in termini di durata e gravità dei sintomi
(West et al., 2011). Nella parte finale del suo intervento, Mogna ha sottolineato come, nonostante i risultati
incoraggianti derivanti da questi e numerosi altri studi, EFSA abbia finora respinto tutti i claims salutistici
riguardanti i microrganismi probiotici, sebbene ben caratterizzati, per mancanza di evidenze scientifiche consistenti.
Nel 2015, EFSA ha pubblicato i risultati di una consultazione pubblica per la revisione delle linee guida sui
requisiti scientifici necessari per supportare le indicazioni sulla salute dei probiotici relative a funzione
intestinale e immunitaria, nella quale si evidenzia che, oltre alla corretta identificazione del ceppo e all’idoneità
della popolazione cui il prodotto è destinato, per poter giungere ad una opinione positiva, il claim dovrebbe essere
riferito ad una specifica funzione del corpo e deve essere sufficientemente specifico per poter essere verificato e
misurato in vivo nell’uomo attraverso metodi analitici generalmente accettati.
Probiotici e sistema immunitario umano: tra evidenze scientifiche innovative e sfide normative
Esempi di altre evidenze scientifiche a supporto degli effetti benefici dei probiotici nel ridurre gli episodi di malattie da
raffreddamento sono stati illustrati da Arthur Ouwehand, direttore dell’area ricerca e sviluppo della filiale finlandese di
Dupont
Nutrition & Health, multinazionale produttrice di alimenti e integratori alimentari, sempre alla ricerca di ingredienti
innovativi. Un trial clinico in doppio cieco con il controllo del placebo condotto in Cina su un gruppo di 326 bambini di
età 3-5 anni, ha dimostrato che l’assunzione di una combinazione di L. acidophilus e B. animalis subsp lactis Bi-07, ad
una dose di 5 x 109 UFC due volte al giorno per 6 mesi, ha portato, rispetto alla sola somministrazione di L. acidophilus
NCFM, ad una maggior riduzione delle malattie respiratorie (febbre, raffreddore, tosse, etc.) in termini sia numerici
che di durata degli episodi. In questi bambini è stato rilevato un minor ricorso alle cure antibiotiche e un ridotto
numero di assenze a scuola (Leyer et al., 2009). La stessa miscela di ceppi probiotici, assunta per un periodo di 5
mesi, è risultata invece inefficace in un gruppo di individui adulti per i quali tra i criteri di selezione per lo
studio era compreso lo svolgimento di attività fisica per almeno mezz’ora 3 volte alla settimana. Nei soggetti
trattati con uno specifico ceppo di B. animalis si è invece registrata, rispetto al placebo, una riduzione pari
al 27% del rischio di contrarre un’infezione del tratto respiratorio superiore (West et al., 2014). Un modello
di studio virtuale sviluppato a partire da due studi di metanalisi sugli effetti benefici dei probiotici nel
ridurre l’incidenza delle malattie di raffreddamento, è stato messo a punto per studiare l’impatto sulla salute
pubblica, anche in termini economici, derivante dal consumo di probiotici nella popolazione francese.
Tale modello ha evidenziato che se tutti gli abitanti della Francia (65 milioni) assumessero probiotici
si avrebbero in generale 6,6 milioni di giorni in meno di infezioni del tratto respiratorio, 473 mila
prescrizioni in meno di antibiotici, 1.45 milioni in meno di giorni di malattia, un risparmio in termini
economici di 254 milioni di euro per la società, 131 milioni di euro per le famiglie e 37,7 milioni per
il sistema sanitario nazionale (Lenoir-Wijnkoop et al., 2015).
Probiotics and immune modulation; the case for reducing cold and flu risk
Ultimo intervento della giornata, quello di Thomas A. Tompkins, direttore dell’area di ricerca in biochimica e microbiologia
di Lallemand Human Nutrition & Health, un’azienda canadese che sviluppa, produce e commercializza lieviti e microrganismi
probiotici. Tompkins ha mostrato esempi di come specifici ceppi microbici, dimostratisi efficaci in precedenti studi
sull’animale o nell’uomo, sono in grado di modulare la risposta immunitaria della cellula ospite opportunamente
stimolata dall’acido polinosinico-policitidilico Poly(I·C), un ligando sintetico dell’acido nucleico virale dsRNA,
utilizzato per stimolare la risposta immunitaria antivirale. Con questo modello è stato, ad esempio, studiato un
prodotto disponibile sul mercato contenente 3 specifici ceppi batterici (L. helveticus R0052, B.
longum subsp.
infantis R0033, and B. bifidum R0071) che, in trials clinici precedenti, hanno mostrato effetti benefici contro
le malattie da raffreddamento e le infezioni da rotavirus. Nello specifico è stato utilizzato un modello in vitro
di cellule HT-29 di adenocarcinoma del colon umano che, opportunamente stimolate da Poly(I·C), aumentano l’espressione
dei recettori TLR3, RIG-I, MDA5 e della protein chinasi attivata da dsRNA virale. L’interazione di Poly(I·C) con tali
recettori porta all’aumentata trascrizione di geni che codificano per interferoni (IFN), citochine/chemochine
coinvolti nell’immunità innata e nella risposta proinfiammatoria Th1. Il monitoraggio dell’espressione genica
in due differenti condizioni, stimolazione da parte di Poly(I·C) da solo o in combinazione con i 3 specifici
ceppi batterici, è stato effettuato con la metodica analitica dell’immunoarray, che consente di analizzare in
una sola volta gli RNA prodotti da migliaia di geni. Quando le cellule HT-29 sono state incubate con Poly(I·C) e i 3
ceppi probiotici, oltre alla mancata attivazione di specifici geni antivirali, si è assistito ad una significativa
attenuazione della risposta pro-infiammatoria Th1 per inibizione dell’espressione di alcuni geni. L’insieme dei 3
ceppi microbici, per la loro sinergia, si è mostrata più efficace nell’attenuare la risposta proinfiammatoria
rispetto ai probiotici testati singolarmente. Questa metodica analitica, attraverso l’analisi dell’espressione
genica, rappresenta uno strumento innovativo per scoprire quali sono i meccanismi attraverso i quali i probiotici
sono in grado di modulare il sistema immunitario e per identificare quali markers proteici misurare per valutare
la risposta immunitaria in studi clinici.
Using mechanistic data to predict and interpret clinical outcomes in probiotic studies on immunity
La temperatura rigida della sala non ha inibito la discussione che è stata ampia e ricca di spunti e approfondimenti.
I numerosi partecipanti hanno infatti dato vita ad un acceso ed ampio dibattito che ha toccato gli aspetti dell’informazione
per i consumatori, ma anche per gli operatori sanitari come farmacisti e medici, le questioni legate a qualità e stabilità
degli stessi e la situazione claims. In assenza di indicazioni sulla salute autorizzate a livello comunitario per questo
tipo di prodotti, i medici devono essere ben informati sull’importanza di utilizzare ceppi microbici ad hoc a seconda
dell’effetto benefico che si intende raggiungere (es. malattie da raffreddamento) sulla base delle evidenze scientifiche
disponibili. A proposito della lamentata scarsa qualità dei prodotti in commercio, uno studio condotto dall’ISS (Istituto
Superiore di Sanità), monitorato da Altro Consumo, ha evidenziato invece una buona qualità dei prodotti probiotici in
commercio segnalando talvolta shelf life troppo lunghe per la stabilità del prodotto.
In termini di informazione al consumatore resta aperto il problema dell’uso stesso dei termini “probiotico e prebiotico”
e la situazione ancora in stallo, a livello europeo, in cui versano i claims sui probiotici, nella maggior parte dei casi
respinti ed i timori circa il futuro dal punto di vista regolatorio di tali prodotti.
Riferimenti bibliografici
Clancy, R.L., et al. Reversal in fatigued athletes of a defect in interferon gamma secretion after administration of
Lactobacillus acidophilus. Br J Sports Med 2006; 40(4): 351-354.
Konstantinov, S.R., et al. S layer protein A of Lactobacillus acidophilus NCFM regulates immature dendritic cell and T
cell functions. Proc Natl Acad Sci USA 2008; 105(49): 19474-19479
Lenoir-Wijnkoop, I., et al. Public Health and Budget Impact of Probiotics on Common Respiratory Tract Infections:
A Modelling Study. PLoS ONE 10(4): e0122765. doi:10.1371/journal.pone.0122765
Leyer, G.J., et al. Probiotic effects on cold and influenza-like symptom incidence and duration in children. Pediatrics
2009; 124(2): e172-179.
MacPherson, C., et al. Multistrain Probiotic Modulation of Intestinal Epithelial Cells’ Immune Response to a Double-Stranded
RNA Ligand, Poly(I·C). Applied and Environmental Microbiology 2014; 80(5): 1692–1700
Mileti, E., et al. Comparison of the Immunomodulatory Properties of Three Probiotic Strains of Lactobacilli Using Complex
Culture Systems: Prediction for In Vivo Efficacy. PLoS ONE 2009; 4(9): e7056 doi:10.1371/journal.pone.0007056
Nicola, S., et al. Interaction between probiotics and human immune cells: the prospective anti-inflammatory activity of
Bifidobacterium breve BR 03. AgroFOOD 2010; 21(2): S44-47.
Pregliasco, F., et al. A New Chance of Preventing Winter Diseases by the Administration of Symbiotic Formulations. Journal
of Clinical Gastroenterology 2008; 42(2): 224-233.
Pujol, P., et al. The effect of fermented milk containing Lactobacillus casei on the immune response to exercise. Sports Med
Training Rehabil, 2000; 9(3): 209-223
West, N.P., et al. Lactobacillus fermentum (PCC®) supplementation and gastrointestinal and respiratory-tract illness symptoms:
a randomised control trial in athletes. Nutrition Journal. 2011; 10: 30.
West, N.P., et al., Probiotic supplementation for respiratory and gastrointestinal illness symptoms in healthy physically active
individuals. Clinical Nutrition 2014; 33(4): 581-587
|
|
|
|
|